Diyarbakir (Turchia), 2 dic. (LaPresse) - Riprende il 6 dicembre a Diyarbakir, nel sudest della Turchia, uno dei più grandi processi alla società civile curda. Si tratta del cosiddetto processo Kck, che vede sul banco degli imputati 152 tra sindaci, ex parlamentari e attivisti di associazioni per i diritti umani appartenenti alla rete Koma Civaken Kurdistan (Unione delle comunità curde). Centoquattro imputati rimangono in carcere, alcuni da oltre due anni. L'accusa è quella di legami con gruppi terroristici e in particolare il bandito Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), di cui il Kck è considerato un'ala urbana. Durante la prima udienza del processo, il 18 ottobre del 2010, l'accusa ha presentato un fascicolo di quasi 8mila pagine.
La cosiddetta 'operazione Kck' fu lanciata il 14 aprile del 2009, a due settimane dalle elezioni amministrative del 29 marzo, nelle quali il partito filocurdo Dtp (Partito della società democratica) aveva ottenuto un buon risultato nella regione sudorientale, sottraendo voti all'Akp del primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010 circa 1.900 persone sono state arrestate con l'accusa di legami al Kck. La maggior parte degli arrestati sono membri, attivisti e simpatizzanti del Dtp. Tra loro ci sono nove ex e otto attuali sindaci, tra cui il primo cittadino di Diyarbakir, Osman Baydemir. A dicembre del 2009 la Corte costituzionale turca ordinò la chiusura del Dtp. Trentasette leader del partito sono stati inoltre banditi dall'attività politica per cinque anni, sempre con le accuse di legami al Pkk e sostegno a un gruppo terroristico. Il 23 dicembre del 2009 i rimanenti membri del partito bandito hanno formato il Baris ve Demokrasi Partisi (Bdp, Partito della pace e della democrazia).
Al centro del processo che riprende martedì a Diyarbakir c'è la questione dell'uso della lingua madre degli imputati, il curdo. Gli imputati si rifiutano infatti di parlare in turco, ma il giudice ha più volte respinto le richieste loro e dei difensori, definendo il curdo "una lingua sconosciuta". Osservatori di gruppi per i diritti umani internazionali che seguono il processo segnalano inoltre le significative pressioni subite dagli avvocati della difesa, che hanno boicottato le ultime udienze spiegando di non essere in grado di difendere gli imputati in turco. Gli avvocati sono stati poi a loro volta imputati e intimiditi dalle forze di sicurezza. Durante l'ultima udienza del 25 agosto scorso, la procura ha chiesto al tribunale di trasferire il processo in un'altra provincia, visto che i procedimenti non possono andare avanti a causa dell'assenza dei difensori.
Il processo è considerato un test per la democrazia in Turchia e per le intenzioni del governo di Erdogan riguardo alla questione curda. L'accusa sta cercando di dimostrare che il Kck, che raggruppa la maggior parte delle organizzazioni della società civile curda, possa essere definita un'organizzazione terroristica al pari del Pkk. Di conseguenza quasi tutti gli esponenti della società civile curda, avvocati, docenti, politici e attivisti, potrebbero essere definiti dei terroristi. Il processo ha inoltre un impatto negativo sulle relazioni tra il governo di Ankara e il Bdp e potrebbe portare all'aggravarsi del conflitto tra esercito e Pkk.
di Karolina Kozik