Racconti dal Newroz 2011
Quest’anno Yuksekova ci chiama, a circa 4000 km di distanza dal paese che consegnò Abdullah Ocalan nelle mani dei suoi aguzzini, il 21 marzo festeggeremo il Newroz (il nuovo giorno, il capodanno kurdo) con la gente di questa città ribelle, ai confini con l’Iraq.
Yuksekova, Gever il suo nome kurdo, chiama alla mobilitazione popolare. I giorni che precedono il Newroz sono stati segnati dalla repressione.
La valorosa sindaca Ruken Jetiskin è in carcere con una condanna a 10 mesi di reclusione per aver organizzato un convegno su Deniz Gezmis, leader della sinistra turca impiccato il 6 maggio del 1972; l’11 marzo, 13 persone sono state arrestate, tra loro 4 assessori comunali e vari dirigenti del BDP (il partito kurdo), compreso il presidente della sezione locale.
Non sappiamo quale situazione troveremo ma abbiamo negli occhi le immagini delle continue violenze perpetrate dalle forze di sicurezza turche che assediano da anni la città, immagini disperate, lanciate nella rete dall’agenzia stampa Yuksekova Haber.
Da Van comincia il viaggio per raggiungere Yuksekova. Tra valli e montagne innevate, di una bellezza mozzafiato, attraversiamo villaggi sperduti e chek point militari, dove vengono registrati i nostri passaporti un’infinità di volte ma senza troppi problemi, siamo turisti (!).
Resta l’angoscia nel constatare che nulla è cambiato; nella regione regna ancora lo stato di emergenza proclamato dall’ultimo colpo di stato militare del 1980.
L’ingresso a Yuksekova ce lo conferma, una decina di uomini in borghese e armati fermano perentoriamente il nostro pulmino, spalancano il portellone e si qualificano con un “police control”, senza mostrare alcun distintivo, sguardi truci e kalashnikov nervosamente in pugno.
Dopo qualche minuto ci lasciano andare ma non sarà lo stesso per le automobili e i camioncini dei locali.
L’atmosfera in città è cupa, la strada principale dissestata dal continuo passaggio di mezzi corazzati, neve e fango accumulati ai bordi, filo spinato a recintare grigie caserme che ospitano circa 12.000 militari.
“Come si fa a vivere qui?” mi chiedo “Come fanno i ragazzi e le ragazze di Yuksekova a trovare una ragione per restare?”
Ed è quello che chiediamo al giovane vicesindaco Erdal Aydin, occhi chiari e sorriso sincero.
“La vita a Yukeskova è difficile”.
I villaggi nei dintorni sono stati evacuati in operazioni anti-guerriglia e la gente sfollata è confluita in città. Mancano le risorse economiche per accoglierla e garantirle una vita dignitosa; mancano strutture sanitarie, l’ospedale di riferimento si trova a Van, a circa 200 km di distanza. La popolazione rurale parla solo kurdo e negli uffici pubblici, negli ambulatori e nelle scuole questa lingua è vietata.
A Yuksekova 550 famiglie hanno avuto familiari uccisi dall’esercito e dalle forze di sicurezza, per non parlare degli “scomparsi”.
Lo Stato turco fa di tutto per tentare di mettere in ginocchio la città. Oltre ai recenti arresti della sindaca e degli assessori su Yuksekova incombe la minaccia di un gruppo terrorista di destra, denominato “Mezit” (rinascimento). Il 13 marzo, dopo un attentato fallito ai danni di un negoziante del centro cittadino, Mezit ha diffuso una lettera minatoria in cui dichiara di voler colpire la gente riunita per il Newroz.
Per dare una risposta decisa e popolare al terrore è prevista la presenza di molti sindaci e dirigenti del BDP provenienti dalle altre città della regione. I militanti kurdi garantiranno un cordone sanitario intorno all’area dove si svolgeranno i festeggiamenti. Noi parteciperemo con un grande striscione che recita “Liberi tutti!” in italiano, kurdo, turco e inglese, e ora che sappiamo di “Mezit” con un motivo in più per esserci.
Lunedì 21 marzo
Rojbas Gever, Newroz piroz be! Buongiorno Yuksekova, buon Newroz!
Un tiepido sole illumina il nuovo giorno, asciugando la bava notturna lasciata dalle oscure minacce di Mezit. Un’ambulante vende kefiah e sciarpe con i colori proibiti, le ragazze con i vestiti più belli camminano intrecciate e sorridenti, i ragazzi orgogliosamente fasciati nell’abito tradizionale, gli sciuscià lucidano le scarpe per la festa. C’è elettricità e eccitazione nell’aria e improvviso irrompe nella strada principale un gioioso corteo di donne, uomini e tanti bambini, scandendo slogan si avviano verso la piazza del Newroz. I 30 “italyan’da” si accodano felici con il grande striscione, tra applausi, sorrisi e strette di mano. Sarà così fino all’arrivo sotto il palco del Newroz, attraversando gli inutili controlli di polizia e la massa già assiepata nell’area.
“Emin apoci! Biji Kurdistan!”, “Siamo Apoisti, Viva Kurdistan! Siamo i figli di Musa Anter!”* canta orgogliosa la gente di Gever. E si balla in un mare agitato di verde, giallo e rosso. Di proibito oggi c’è solo la tristezza.
Antonio dal palco dona belle e accorate parole, riceviamo in cambio l’abbraccio totalizzante della folla. Coppie improbabili di fratelli italiani e kurdi si formano e si disfano per l’obbiettivo di centinaia di telefonini e macchine fotografiche. I sindaci di Hakkari, Semdinli e delle altre città vicine salutano dal palco, per loro l’amore appassionato della propria gente. “Siamo qui, buon Newroz Gever!”. Gli uomini in nero con i passamontagna calati restano ai margini, i ragazzini gli passano accanto, in una mano il ritratto di Ocalan e nell’altra ciambelle di sesamo.
Mezit o chi per loro non è riuscito a imporre il silenzio e la paura a Yuksekova!
La festa termina dopo 5 ore con un grande corteo spontaneo che lascia la piazza per attraversare festosamente le strade della città. Sono giovani a centinaia, ancora ci salutano e ci sorridono. Li lasciamo con una promessa nel cuore, non dimenticare Yuksekova, non lasciarli mai soli!
Cristiano
Roma 31 marzo 2011
* partigiani di Apo (Abdullah Ocalan), figli di Musa Anter (scrittore e poeta kurdo assassinato a Diyarbakir nel 1992).
Quest’anno Yuksekova ci chiama, a circa 4000 km di distanza dal paese che consegnò Abdullah Ocalan nelle mani dei suoi aguzzini, il 21 marzo festeggeremo il Newroz (il nuovo giorno, il capodanno kurdo) con la gente di questa città ribelle, ai confini con l’Iraq.
Yuksekova, Gever il suo nome kurdo, chiama alla mobilitazione popolare. I giorni che precedono il Newroz sono stati segnati dalla repressione.
La valorosa sindaca Ruken Jetiskin è in carcere con una condanna a 10 mesi di reclusione per aver organizzato un convegno su Deniz Gezmis, leader della sinistra turca impiccato il 6 maggio del 1972; l’11 marzo, 13 persone sono state arrestate, tra loro 4 assessori comunali e vari dirigenti del BDP (il partito kurdo), compreso il presidente della sezione locale.
Non sappiamo quale situazione troveremo ma abbiamo negli occhi le immagini delle continue violenze perpetrate dalle forze di sicurezza turche che assediano da anni la città, immagini disperate, lanciate nella rete dall’agenzia stampa Yuksekova Haber.
Da Van comincia il viaggio per raggiungere Yuksekova. Tra valli e montagne innevate, di una bellezza mozzafiato, attraversiamo villaggi sperduti e chek point militari, dove vengono registrati i nostri passaporti un’infinità di volte ma senza troppi problemi, siamo turisti (!).
Resta l’angoscia nel constatare che nulla è cambiato; nella regione regna ancora lo stato di emergenza proclamato dall’ultimo colpo di stato militare del 1980.
L’ingresso a Yuksekova ce lo conferma, una decina di uomini in borghese e armati fermano perentoriamente il nostro pulmino, spalancano il portellone e si qualificano con un “police control”, senza mostrare alcun distintivo, sguardi truci e kalashnikov nervosamente in pugno.
Dopo qualche minuto ci lasciano andare ma non sarà lo stesso per le automobili e i camioncini dei locali.
L’atmosfera in città è cupa, la strada principale dissestata dal continuo passaggio di mezzi corazzati, neve e fango accumulati ai bordi, filo spinato a recintare grigie caserme che ospitano circa 12.000 militari.
“Come si fa a vivere qui?” mi chiedo “Come fanno i ragazzi e le ragazze di Yuksekova a trovare una ragione per restare?”
Ed è quello che chiediamo al giovane vicesindaco Erdal Aydin, occhi chiari e sorriso sincero.
“La vita a Yukeskova è difficile”.
I villaggi nei dintorni sono stati evacuati in operazioni anti-guerriglia e la gente sfollata è confluita in città. Mancano le risorse economiche per accoglierla e garantirle una vita dignitosa; mancano strutture sanitarie, l’ospedale di riferimento si trova a Van, a circa 200 km di distanza. La popolazione rurale parla solo kurdo e negli uffici pubblici, negli ambulatori e nelle scuole questa lingua è vietata.
A Yuksekova 550 famiglie hanno avuto familiari uccisi dall’esercito e dalle forze di sicurezza, per non parlare degli “scomparsi”.
Lo Stato turco fa di tutto per tentare di mettere in ginocchio la città. Oltre ai recenti arresti della sindaca e degli assessori su Yuksekova incombe la minaccia di un gruppo terrorista di destra, denominato “Mezit” (rinascimento). Il 13 marzo, dopo un attentato fallito ai danni di un negoziante del centro cittadino, Mezit ha diffuso una lettera minatoria in cui dichiara di voler colpire la gente riunita per il Newroz.
Per dare una risposta decisa e popolare al terrore è prevista la presenza di molti sindaci e dirigenti del BDP provenienti dalle altre città della regione. I militanti kurdi garantiranno un cordone sanitario intorno all’area dove si svolgeranno i festeggiamenti. Noi parteciperemo con un grande striscione che recita “Liberi tutti!” in italiano, kurdo, turco e inglese, e ora che sappiamo di “Mezit” con un motivo in più per esserci.
Lunedì 21 marzo
Rojbas Gever, Newroz piroz be! Buongiorno Yuksekova, buon Newroz!
Un tiepido sole illumina il nuovo giorno, asciugando la bava notturna lasciata dalle oscure minacce di Mezit. Un’ambulante vende kefiah e sciarpe con i colori proibiti, le ragazze con i vestiti più belli camminano intrecciate e sorridenti, i ragazzi orgogliosamente fasciati nell’abito tradizionale, gli sciuscià lucidano le scarpe per la festa. C’è elettricità e eccitazione nell’aria e improvviso irrompe nella strada principale un gioioso corteo di donne, uomini e tanti bambini, scandendo slogan si avviano verso la piazza del Newroz. I 30 “italyan’da” si accodano felici con il grande striscione, tra applausi, sorrisi e strette di mano. Sarà così fino all’arrivo sotto il palco del Newroz, attraversando gli inutili controlli di polizia e la massa già assiepata nell’area.
“Emin apoci! Biji Kurdistan!”, “Siamo Apoisti, Viva Kurdistan! Siamo i figli di Musa Anter!”* canta orgogliosa la gente di Gever. E si balla in un mare agitato di verde, giallo e rosso. Di proibito oggi c’è solo la tristezza.
Antonio dal palco dona belle e accorate parole, riceviamo in cambio l’abbraccio totalizzante della folla. Coppie improbabili di fratelli italiani e kurdi si formano e si disfano per l’obbiettivo di centinaia di telefonini e macchine fotografiche. I sindaci di Hakkari, Semdinli e delle altre città vicine salutano dal palco, per loro l’amore appassionato della propria gente. “Siamo qui, buon Newroz Gever!”. Gli uomini in nero con i passamontagna calati restano ai margini, i ragazzini gli passano accanto, in una mano il ritratto di Ocalan e nell’altra ciambelle di sesamo.
Mezit o chi per loro non è riuscito a imporre il silenzio e la paura a Yuksekova!
La festa termina dopo 5 ore con un grande corteo spontaneo che lascia la piazza per attraversare festosamente le strade della città. Sono giovani a centinaia, ancora ci salutano e ci sorridono. Li lasciamo con una promessa nel cuore, non dimenticare Yuksekova, non lasciarli mai soli!
Cristiano
Roma 31 marzo 2011
* partigiani di Apo (Abdullah Ocalan), figli di Musa Anter (scrittore e poeta kurdo assassinato a Diyarbakir nel 1992).