lunedì 4 ottobre 2010

COMUNICATO STAMPA DEL KCK



Egregi rappresentanti della stampa,
È ormai noto che una delle questioni principali presenti in Medio Oriente è la questione kurda. La situazione di conflitto e di mancata soluzione della questione kurda ha portato, e continua a portare, gravi sofferenze al nostro popolo. La situazione alla quale siamo arrivati ci obbliga a trarre delle conclusioni serie e di lavorare per una soluzione definitiva. Pensiamo che siamo più vicini che mai ad una soluzione della questione kurda. Ciò è dovuto a motivi di carattere storico, politico. È patrimonio comune che negli ultimi 18 anni il nostro leader, Abdullah Ocalan, abbia fatto gravi sforzi per la risoluzione democratica e pacifica della questione kurda e il nostro Leader ha anche una grande importanza per quello che stiamo per annunciare adesso.

Egregi rappresentanti della stampa,
La forza della nostra resistenza nella regione di Zap ed il grande risultato nelle elezioni amministrative del 2009 hanno segnato un importante punto di svolta nella lotta di liberazione del popolo kurdo. La decisione di indire un periodo di “non azione” unilaterale , a partire dal 13 aprile del 2009, fu il risultato di quella fase di svolta. Purtroppo gli sforzi compiuti  non hanno prodotto i risultati sperati e non hanno prodotto quella atmosfera necessaria allo sviluppo di una pace permanente.
Ciò è stato dovuto al fatto che l’AKP ha continuato con la sua politica di arresti di migliaia di militanti kurdi, con la chiusura del Partito della società democratica (DTP) e con le operazioni militari. L’AKP ha, in seguito, sviluppato un progetto chiamato di “apertura democratica” per l’unità nazionale ma che non aveva alcuna sostanza e non ha fatto altro che portare a politiche di annientamento e repressione. La politica dell’AKP ha portato ad un peggioramento della situazione, ad un inasprimento delle sofferenze e ad una crisi di fiducia verso le istituzioni.
Nonostante tutto ciò, il 13 Maggio del 2010 il nostro leader ha deciso di farsi da parte  nel processo di risoluzione della questione kurda per tentare di fermare le politiche di repressione e annientamento delle autorità turche.
La decisione del nostro leader di farsi da parte e, nonostante questo, la decisione turca di continuare nelle sue politiche di repressione ci hanno portato a riconsiderare la situazione. La nostra decisione di stabilire, a partire dal 1 giugno 2010, una fase di “difesa attiva”, è stato il risultato di questa valutazione. La nostra scelta del 1 giugno è stata al centro dell’agenda politica turca e ha mostrato, ancora una volta, la centralità della questione kurda. Lo Stato turco ha avuto uno shock serissimo ed è stato dimostrato come l’AKP non possa vincere con le sue politiche di annientamento. È stato altrettanto chiaro come il nostro Movimento abbia ottenuto dei grandi risultati politici e militari che ne rendono impossibile l’eliminazione e la sconfitta sul campo. Questa fase ha accresciuto di molto la capacità organizzativa ed il morale del nostro popolo.
Alcuni apparati dello Stato turco, proprio in considerazione degli avvenimento successivi al 1 giugno, hanno deciso di aprire una serie di colloqui col nostro leader, Abdullah Ocalan. Il nostro leader inviò, proprio in previsione di questi incontro, un messaggio ai nostri dirigenti chiedendo loro di prolungare il stabilire un fuoco. Il nostro movimento ed il nostro leader hanno anche fatto proprie le richieste provenienti da molti circoli della società civile e, a partire dal 13 Agosto, hanno stabilito un periodo di “non azione” che è tutt’ora in vigore. Oltre a ciò, in questa fase sono state anche formulate le nostre richieste.  Lo Stato turco ha mostrato di non prenderle sul serio ed ha continuato con le sue politiche di arresti dei rappresentanti politici kurdi e di repressione. Non è stato fatto nulla per eliminare lo sbarramento elettorale. Non si sono migliorate le condizioni di detenzione del leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan.
Gli arresti ingiustificati dei dirigenti politici kurdi continuano e sono stati, sino ad oggi, più di 1700.  Più di 20 guerriglieri kurdi, che si stavano attenendo al comandi di non effettuare azioni offensive sono stati uccisi in operazioni condotte dall’esercito turco.
La regione di Hakkari è quello che, fino ad oggi, ha subito la repressione più forte e quella nella quale si sono compiuti i massacri peggiori contro i guerriglieri e contro la popolazione civile. In questa regione hanno perso la vita 10 guerriglieri e 9 civili, 9 patritoti resi martiri da un vile attentato messo in atto dalla JITEM; l’organizzazione clandestina di controguerriglia.
Nonostante tutto questo il referendum costituzionale del 12 settembre ha portato dei significativi risultati politici. Il boicottaggio messo in atto dal nostro popolo ha, infatti, ottenuto un ottimo risultato. L’avvenimento principale di questa fase è stato il processo di dialogo aperto dalle autorità turche col nostro leader Abdullah Ocalan. Questo passaggio potrà dare i suoi frutti in termini di risoluzione della questione kurda.
Sulla base di comunicazione tra la nostra dirigenza ed il Leader del popolo kurdo, Abdullah Ocalan, è stata accolta la comunicazione di Ocalan al Consiglio esecutivo del KCK nel quale è
stato chiesto di prolungare questo periodo di non azione. È nostro desiderio anche di prolungare, a tempo indeterminato, il cessate il fuoco in modo che possa svilupparsi una fiducia reciproca e da qui si possa partire per una pace permanente. Ma il vertice per la sicurezza nazionale promosso nelle ultime due settimane dall’AKP, le attività diplomatiche svolte con gli USA, l’Iraq e altri Stati che hanno intenzione di eliminare il nostro movimento, così come il possibile rinnovo del decreto che permette alla Turchia la possibilità di varcare
il confine meridionale per portare la guerra nel Kurdistan del sud hanno creato dei seri dubbi sulla loro sincerità. La guerra psicologica che la Turchia sta conducendo contro il nostro popolo ha obbiettivamente aumentato i nostri dubbi. D’altra parte c’è anche la necessità di verificare se il periodo di dialogo aperto col nostro leader possa continuare o no.
Date le ragioni sopra menzionate, sebbene sia nostra intenzione promuovere un cessate il fuoco a tempo indeterminato, riteniamo necessario valutare la situazione nell’arco di tempo di un mese così da verificare gli sviluppi possibili in questa fase. Se in questo mese ci fossero dei passi nella direzione da noi sperata allora potremmo anche proclamare un cessate il fuoco a tempo indeterminato, nel caso contrario ci troveremo nella necessità di rivalutare la situazione.

Egregi rappresentanti della stampa,
in questo periodo la nostra guerriglia non entrerà in azione. Ovviamente se le nostre truppe saranno attaccate eserciteranno il loro ovvio diritto alla difesa. Le forze guerrigliere penseranno solo a preservarsi e a difendersi.
Tutti coloro che sono per la pace debbono avere cognizione della nostra scelta e debbono essere consapevoli che, affinchè tale periodo possa continuare è necessario:
-Fermare le operazioni militari contro le basi della guerriglia. La continuazione delle operazioni rende il cessate il fuoco insignificante. Ovviamente un cessate il fuoco per essere tale deve essere bilaterale.
-Fermare la politica di repressione della società civile kurda, sia nella sfera politica che in quella culturale, se non verrà posta fine agli arresti ed alle violenze tese a far aumentare la tensione sociale è chiaro che questo cessate il fuoco non avrà alcun valore. È necessario porre fine alle operazioni poliziesche tese a schiacciare la rappresentanza politica della società kurda.
- Sviluppare una nuova Costituzione democratica che possa svilupparsi assieme ad una vera Repubblica democratica. Questo passaggio non può essere postposto a tempo indefinito se veramente si vuole una democratizzazione della Turchia. Tali passaggi posso segnare il futuro di questo processo. Oltre a quanto sopra esposto è ovvio che il dialogo iniziato col nostro Leader sia un momento centrale di tutta la nostra impostazione. Per una risoluzione piena e completa, è necessario avviare un dialogo ufficiale col nostro Leader Abdullah Ocalan quando si tratta della dimensione globale e di sicurezza, col Congresso della società democratica (DTK) ed il Partito della pace e della democrazia (BDP) che sono i legali rappresentanti del popolo kurdo quando si tratta della dimensione relativa alla sfera costituzionale ed ai diritti democratici. Questa è l’unica via per realizzare la pace permanente. Non è un problema trovare un destinatario per discutere della questione kurda. Il Leader del popolo kurdo, Abdullah Ocalan, è l’unico destinatario. Ma è chiaro che anche la rappresentanza legale e democratica del popolo kurdo debba svolgere il suo ruolo per permettere che questa fase si sviluppi in maniera completa. In questa fase è necessario superare questo clima di mancanza di fiducia per sviluppare un atteggiamento responsabile basato sul reciproco rispetto.
La formula centrale per la risoluzione della questione kurda è quella dell’Autonomia democratica nella Repubblica democratica. Il patriotico popolo kurdo deve sviluppare il suo proprio sistema sociale e organizzare il suo autogoverno. Tutte le potenze regionali ed internazionali che hanno interessi nel nostro Paese debbono comprendere ed analizzare che questo è l’ottavo cessate il fuoco che abbaimo dichiarato per risolvere la questione kurda. Una
risoluzione della questione kurda è centrale per un assetto equilibrato dell’intera area mediorientale. Chiediamo a tutte queste potenze di agire in coerenza con le loro responsabilità così che si possa sviluppare un reale processo di pace e sia concesso al nostro popolo di sviluppare quei diritti naturali che gli sono dovuti dal fatto d’essere una nazione. Chiediamo a queste forze di sostenere una risoluzione pacifica della questione kurda e di non sostenere politiche basate sulla violenza.
Chiediamo alle forze politiche del Kurdistan meridionale e a tutte le forze patriottiche e democratiche kurde di sviluppare una consapevolezza di unità nazionale e di solidarietà affinchè la questione kurda possa risolversi in Turchia sulla base della fratellanza dei popolo e il riconoscimento dei nostri interessi nazionali.
La risoluzione della questione kurda nel nord è la condizione per la risoluzione della questione kurda in tutte le regione del Kurdistan. La risoluzione della questione kurda è la democratizzazione del Medio Oriente. Tutti quelli che sono per la pace e la fratellanza debbono dare il loro contributo alla risoluzione della questione kurda.
Chiediamo agli intellettuali, ai democratici ed ai rivoluzionari di fare la loro parte per raggiungere una pace onorevole e permanente che possa portare anche alla democratizzazione della Turchia.
Chiediamo allo Stato turco ed all’AKP dall’astenersi dal continuare politiche populiste di fronte al cessate il fuoco da noi dichiarato, di porre fine alle politiche di eliminazione e di iniziare a lavorare per promuovere un clima di reciproca fiducia. Chiediamo ai partiti di opposizione in Turchia di abbandonare le politiche di incitamento al razzismo ed al nazionalismo centrate contro il popolo kurdo e di collaborare anch’esse alla promozione della pace e della fratellanza.
Questo passaggio che vogliamo compiere non è tattico ma strategico. È l’inizio della nuova fase della questione kurda. Bisogna considerare la questione kurda come una questione sociale e far  tacere le armi. Per ottenere ciò è necessario che ci sia una comprensione e degli sforzi reciproci. Se le politiche di violenza e di annientamento non saranno eliminate allora dovremmo entrare innuna fase di resistenza totale e di guerra rivoluzionaria popolare. La capacità di resistenza che il nostro Movimento ha mostrato fino ad ora dimostra che siamo in grado di mettere in pratica anche questo passaggio.
Siamo dell’opionione che se è dato seguito alla nostra richiesta, se tutte le forze chiamate in causa agiscano nella modalità indicata allora potrà iniziare una nuova fase che possa permettere uana risoluzione pacifica della questione kurda. Ripetiamo che agiremo responsabilmente per fare si che questo periodo possa essere un periodo di pace e dialogo che possa portare ai risultati attesi da noi tutti.

Consiglio esecutivo del KCK
30 settembre 2010