Appello dell’Associazione nazionale Giuristi democratici
A partire dal 15 febbraio di quest’anno, 400 prigionieri politici curdi hanno iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per protestare contro l’isolamento carcerario del leader kurdo Ocalan. Altri 15 esponenti curdi provenienti da tutta Europa sono in sciopero della fame a Strasburgo dal primo marzo in segno di solidarietà con gli scioperanti in Turchia. Il Governo turco ed Abdullah Ocalan sono gli attori principali e gli elementi chiave per una soluzione politica della questione curda in Turchia. Nel corso degli ultimi anni, ci sono state delle fasi di negoziazione tra i due interlocutori ma dal luglio 2011 lo stato turco ha ripreso una politica di totale isolamento contro i detenuti nell'isola prigione di Imrali, in cui è rinchiuso dal 1999 Ocalan. A seguito di tali provvedimenti, tutte le visite ad Ocalan, incluse quelle dei suoi avvocati, sono state negate. Le possibilità di comunicazione verso l’esterno e le sue fonti di informazioni sono estremamente limitate. I suoi avvocati difensori vengono sistematicamente sottoposti a processi penali. Öcalan chiede di avviare un processo di pace, e chiede il riconoscimento dei diritti culturali e linguistici dei kurdi e una profonda democratizzazione della Turchia. Il Comitato per la Prevenzione della Tortura, organo del Consiglio di Europa, in ragione della sua funzione intesa al rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo, può intervenire con riguardo alla situazione di detenzione di Ocalan, che è in contrasto con il divieto di trattamenti inumani e degradanti. Chiediamo che rappresentanti del Comitato per la Prevenzione della Tortura si rechino presso la prigione di Imrali nel più breve tempo possibile, per indagare sulla situazione detentiva di Öcalan.
La Turchia ha promulgato una legge antiterrorismo, che di fatto vieta la "propaganda" scritta od orale delle legittime istanze del popolo curdo, le marce di protesta e le dimostrazioni, per evitare la “distruzione dell'unità indivisibile dello stato e della nazione”. Come conseguenza di tale politica, attualmente le prigioni turche ospitano 9.000 esponenti della società curda, e tra essi 6 deputati, 31 sindaci, 101 giornalisti, funzionari politici, avvocati, studenti e membri di ONG. Recentemente molti detenuti minorenni hanno dichiarato di essere stati stuprati, e altri hanno segnalato forme di tortura a sfondo psicologico e sessuale, senza però suscitare alcuna reazione da parte delle Istituzioni internazionali. La tortura in detenzione continua ad essere diffusa ed è praticata ampiamente, mentre raramente i responsabili sono stati sottoposti a regolare processo. Le strutture carcerarie sovraffollate e con scarsissime condizioni igieniche e sanitarie espongono i reclusi a tutte le più distruttive pratiche di tortura. Il peggioramento delle condizioni delle prigioni turche deve essere argomento di intenso dibattito.
Quello kurdo è il popolo senza stato più numeroso del pianeta: 30 milioni di persone che vivono in un’area (il Kurdistan) che si estende in Turchia, Iraq, Iran e Siria. La maggior parte dei kurdi (12 milioni) è comunque concentrata nel territorio della Turchia orientale. Qui essi combattono dal 1920 per il riconoscimento del loro diritto di autodeterminazione. Secondo un recente rapporto, dal 1984 sono stati evacuati 4.000 villaggi kurdi . Come conseguenza delle evacuazioni forzate oltre 360.000 persone si sono riversate nelle città maggiori.
I curdi chiedono la pace, ma il governo turco sembra sia sordo a questa richiesta. La strada per la pace è il diritto all’autodeterminazione, la libertà di pensiero e di associazione e l'eliminazione delle disparità regionali.
Noi giuristi, firmatari di questo appello, sosteniamo le centinaia di persone impegnate nello sciopero della fame in Turchia e in Europa e chiediamo di avviare ogni percorso utile per il riconoscimento dei diritti culturali e politici del popolo kurdo e per il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo nelle prigioni turche, ed in primo luogo nei confronti di Abdullah Ocalan – a cui l’Italia ha riconosciuto l’asilo politico - in stato di isolamento da oltre tredici anni in violazione delle previsioni contenute nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle convenzioni internazionali che vietano la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti.
La Turchia ha promulgato una legge antiterrorismo, che di fatto vieta la "propaganda" scritta od orale delle legittime istanze del popolo curdo, le marce di protesta e le dimostrazioni, per evitare la “distruzione dell'unità indivisibile dello stato e della nazione”. Come conseguenza di tale politica, attualmente le prigioni turche ospitano 9.000 esponenti della società curda, e tra essi 6 deputati, 31 sindaci, 101 giornalisti, funzionari politici, avvocati, studenti e membri di ONG. Recentemente molti detenuti minorenni hanno dichiarato di essere stati stuprati, e altri hanno segnalato forme di tortura a sfondo psicologico e sessuale, senza però suscitare alcuna reazione da parte delle Istituzioni internazionali. La tortura in detenzione continua ad essere diffusa ed è praticata ampiamente, mentre raramente i responsabili sono stati sottoposti a regolare processo. Le strutture carcerarie sovraffollate e con scarsissime condizioni igieniche e sanitarie espongono i reclusi a tutte le più distruttive pratiche di tortura. Il peggioramento delle condizioni delle prigioni turche deve essere argomento di intenso dibattito.
Quello kurdo è il popolo senza stato più numeroso del pianeta: 30 milioni di persone che vivono in un’area (il Kurdistan) che si estende in Turchia, Iraq, Iran e Siria. La maggior parte dei kurdi (12 milioni) è comunque concentrata nel territorio della Turchia orientale. Qui essi combattono dal 1920 per il riconoscimento del loro diritto di autodeterminazione. Secondo un recente rapporto, dal 1984 sono stati evacuati 4.000 villaggi kurdi . Come conseguenza delle evacuazioni forzate oltre 360.000 persone si sono riversate nelle città maggiori.
I curdi chiedono la pace, ma il governo turco sembra sia sordo a questa richiesta. La strada per la pace è il diritto all’autodeterminazione, la libertà di pensiero e di associazione e l'eliminazione delle disparità regionali.
Noi giuristi, firmatari di questo appello, sosteniamo le centinaia di persone impegnate nello sciopero della fame in Turchia e in Europa e chiediamo di avviare ogni percorso utile per il riconoscimento dei diritti culturali e politici del popolo kurdo e per il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo nelle prigioni turche, ed in primo luogo nei confronti di Abdullah Ocalan – a cui l’Italia ha riconosciuto l’asilo politico - in stato di isolamento da oltre tredici anni in violazione delle previsioni contenute nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle convenzioni internazionali che vietano la tortura ed i trattamenti inumani e degradanti.