Migliaia di persone si sono riunite sabato 19 gennaio a Piazza Taksim ad Istanbul per ricordare il giornalista armeno Hrant Dink, ucciso sei anni fa in pieno giorno mentre usciva dagli uffici del settimanale Agos, di cui era direttore. Le persone che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione hanno marciato, come tradizione, fino alla sede di Agos a Şişli, domandando ancora una volta giustizia per Hrant Dink, il cui omicidio non è stato fermato nonostante avesse ricevuto aperte minacce da gruppi di estrema destra fino al giorno in cui fu assassinato. Dink era stato l'obiettivo di gruppi nazionalisti dal 2005, quando fu condannato per “aver insultato la turchità”, nonostante esistesse una perizia che dimostrava che non avesse comesso il crimine. Il 17 Gennaio 2012, la Quattordicesima Alta Corte Penale di Istanbul ha stabilito che non vi fosse “nessuna organizzazione” dietro all'omicidio di Dink. Ogün Samast, il ragazzo che aveva sparato al giornalista armeno, fu condannato a 22 anni e dieci mesi di carcere, mentre Yasin Hayal ricevette l'ergastolo aggravato dall'accusa di istigazione ad omicidio premeditato. Ricevette tre mesi di reclusione per aver minacciato lo scrittore Orhan Pamuk ed un'ulteriore anno per essere stato trovato in possesso di un'arma senza licenza. Osman Hayal fu assolto dalle accuse di omicidio e di appartenenza ad un'organizzazione criminale. Erhan Tuncel fu assolto dalle accuse di appartenenza ad un'organizzazione terrorista armata e di istigazione all'omicidio. A Tuncel fu comminata una pena di dieci anni e sei mesi di carcere a causa dell'attentato contro il McDonalds. Salih Hacisalihoğlu fu condannato a due mesi e quindici giorni di carcere per il possesso di munizioni senza licenza. Il verdetto del tribunale fu duramente criticato dai gruppi che richiedevano un processo equo e la giustizia. Nel Settembre 2010, la Corte Europea per i Diritti Umani (ECtHR) ha stabilito che la Turchia non era riuscita ad indagare e perseguire i responsabili dell´assassinio di Dink e ció costituiva una violazione del suo diritto alla vita. ANF / ISTANBUL