lunedì 13 settembre 2010

Il referendum in Turchia e i kurdi

www.europaquotidiano.it
Lorenzo Biondi - Ci sono mondi, in Turchia, che coesistono senza parlare la stessa lingua. In senso letterale e in senso politico. Ayse Berktay è un’attivista per i diritti dei curdi, tra le iniziatrici della campagna di boicottaggio del referendum. La sua è una posizione radicale.
Secondo gli esperti, l’astensione sottrae consensi al fronte del “sì” – e cioè il fronte di Erdogan, che si è speso per un (seppur parziale) miglioramento nella condizione delle minoranze. La Berktay spiega a Europa in che modo l’astensione aiuta il popolo curdo.
Perché i turchi dovrebbero boicottare il referendum?
È la scelta giusta per chi crede nella democrazia, per quei cittadini turchi che desiderano vivere in pace coi curdi e le altre etnie, in condizioni di uguaglianza. Il referendum – che vinca il “sì” o il “no” – serve solo a rafforzare l’attuale struttura “monolitica” dello stato.
Si dice che il numero di astensioni può essere rilevante nel decidere il risultato finale...
Dal nostro punto di vista la “rilevanza” di questo voto non ha nulla a che vedere con la vittoria del “sì” o del “no”. Si tratta di delegittimare il metodo, sfidare un sistema che ignora le domande dei curdi e delle forze democratiche. Il referendum ha la faccia tosta di ignorare del tutto la questione della pace all’interno della Turchia, benché i curdi abbiano affermato con chiarezza che una costituzione democratica è il requisito fondamentale verso una pace duratura. L’astensione sarà rilevante. Dimostrerà che una componente della società chiede una costituzione diversa, ed è una componente che non può essere ignorata.
Tra i sostenitori del “sì” c’è chi dice che “qualche” cambiamento è pur sempre meglio di nessun cambiamento.
Non è d’accordo? Visto il contenuto delle modifiche su cui si voterà, l’argomento non regge. Se la riforma avesse incluso almeno alcune delle proposte dei curdi, le cose sarebbero andate diversamente. Ma siamo davanti al rifiuto totale di prendere in considerazione qualsiasi nostra richiesta. In questo caso si propone “qualche” cambiamento per impedire il cambiamento vero.
Erdogan è stato “accusato” di aver cercato un accordo segreto col Pkk, per convincere i curdi a votare “sì”. Non si poteva trovare una soluzione di compromesso?
Né la costituzione attuale né quella che uscirebbe dal referendum riconoscono l’esistenza del popolo curdo e i suoi diritti. Entrambe sono basate sull’idea di “una nazione, una lingua, una religione”. In questa situazione, partecipare al voto corrisponderebbe per i curdi e per le altre minoranze a un’auto-negazione della propria esistenza. L’argomento che i curdi godano già di più diritti che in passato non ha senso: sono diritti conquistati de facto, con decenni di lotte, che non hanno riconoscimento legale. Il loro voto conta come rifiuto di questa situazione.