martedì 14 settembre 2010

La Turchia cambia la Costituzione, militari e giudici perdono potere

di Carlo M. Miele
Osservatorio Iraq, 13 settembre 2010
La Turchia ha approvato ufficialmente la controversa riforma costituzionale
proposta dal Partito di giustizia e sviluppo (Akp) del premier Recep Tayyip
Erdogan.
Il risultato finale del referendum tenuto ieri segna una vittoria più ampia del
previsto dei “si”, che arrivano al 58 per cento, mentre i “no” si sono fermati
al 42.

Alta anche affluenza alle urne (77 per cento), nonostante gli appelli al
boicottaggio lanciati da alcune formazioni, come il kurdo Partito della pace e
della democrazia (Bdp).

La riforma determinerà il cambiamento delle due più importanti istituzioni
giudiziarie del paese (Corte costituzionale e Hsyk, omologo dell’italiano
Consiglio superiore della magistratura), ma segna anche il riconoscimento di
importanti diritti individuali (donne e bambini in primis) e il
ridimensionamento del ruolo rivestito storicamente dall’esercito.

Una sconfitta per il Chp
Per molti in Turchia la consultazione di domenica si era trasformata anche in un
test sullo stato dei partiti, a meno di un anno dalle prossime elezioni
politiche.

Una chiave di lettura, questa, cui aveva dato più peso l’opposizione, che
l’esecutivo.

Lo stesso primo ministro Erdogan, a poche ore dal voto, aveva chiarito che i
turchi non dovevano pronunciarsi “sull’azione del governo o sui programmi
politici dei partiti di opposizione ma sull’avvenire della Turchia”.

In tal senso, l’ampio successo dei “si” non può essere letto tanto come una
testimonianza di fiducia nei confronti dell’Akp (visto che a favore della
riforma si erano schierati tanti intellettuali ed esponenti della società
civile non imputabili di simpatie per il partito islamico), quanto come un
segnale di sfiducia nei confronti dell’attuale opposizione turca.

In particolare il Partito repubblicano del Popolo (Chp) e il suo nuovo
segretario Kemal Kilicdaroglu avevano puntato molto su un’affermazione dei
“no”, che avrebbe potuto fungere da volano per le elezioni politiche del 2011.

I risultati del referendum hanno invece rispecchiato sostanzialmente gli
equilibri di forza delle elezioni amministrative del 2009.

Ad Ankara e Istanbul (dove l’affluenza alle urne ha sfiorato l’80 per cento) i
“si” hanno raggiunto il 54 per cento, di poco al di sotto della media
nazionale. E la riforma costituzionale voluta dall’Akp ha ottenuto consensi
anche nel sudest kurdo, dove però ha votato solo il 33 per cento degli avanti
diritto; qui la percentuale di “si”, tra coloro che si sono recati alle urne,
ha sfiorato il 90 per cento.

Come nel 2009, i “no” (e il Chp) hanno trionfato nei distretti costieri
mediterranei. A Izmir, roccaforte dei kemalisti, il 63 per cento dei votanti ha
bocciato la riforma.

Boicottaggio e scontri nel sudest
La giornata del referendum è stata caratterizzata anche da violenti scontri.

Sostenitori del boicottaggio e forze di polizia si sono affrontate in alcuni
distretti di Istanbul e nelle province di Mersin e Adana nel sudest kurdo del
paese.

Secondo l’agenzia di stampa kurda Firat, oltre 140 persone sono state arrestate
in diverse province negli ultimi tre giorni, mentre il responsabile
dell’ufficio del Bdp a Istanbul, Cigdem Kilicgun Ucar, parla di decine di
membri del partito e osservatori fermati “senza motivo”.

L’appello al boicottaggio del Bdp – fa sapere l’agenzia Dogan - ha avuto
successo nelle province a maggioranza kurda di Batman, Hakkari e Sýrnak, oltre
che ad Agrý, Ardahan, Diyarbakir, Igdir, Kars, Mus e Van.

“Nella regione kurda il nostro messaggio è stato raccolto”, ha detto al
quotidiano Hurriyet il parlamentare del Bdp Sirri Sakik, secondo cui la
vittoria dei “si” testimonia comunque che “l’opinione pubblica pensa che ci sia
bisogno di una nuova costituzione per risolvere i problemi attuali della
Turchia”.

L’approvazione di Bruxelles e Washington

La vittoria dei “si” è stata accolta con favore anche da Unione Europea e Stati
Uniti.

“Questo voto rappresenta un passo nella giusta direzione”, ha fatto sapere il
commissario Ue all’Allargamento Stefan Fule, precisando però che “l’impatto
reale delle riforme dipenderà dalla loro concreta implementazione”.

Parere positivo è arrivato anche dalla Casa Bianca, dove il presidente Barack
Obama ha elogiato “la vitalità della democrazia turca”.