Venezia – In un pomeriggio ventoso di fine inverno la comunità curda veneziana scende in piazza per manifestare pacificamente contro la criminalizzazione del loro popolo, sia in Turchia sia in Europa. Sotto i balconi della RAI del Veneto, in campo S. Geremia, bandiere gialle, rosse e verdi di uno Stato che esiste solo nei cuori di questa gente sventolano con fierezza portate da uomini, donne e bambini in lotta da decenni per il rispetto della loro identità.
L’iniziativa ha preso le mosse da un escalation di violazioni di diritti culturali, linguistici ed elettorali da parte del governo turco che, secondo, le testimonianze raccolte, avrebbe chiuso ogni articolazione territoriale del partito della società democratica (DTP), vincitore, nelle zone curde, delle ultime elezioni amministrative del marzo 2009 e definitivamente messo al bando nel dicembre dello scorso anno. Si tratterebbe del settimo partito curdo messo fuori legge dalla Corte Costituzionale
A tutto ciò si sommano, secondo i dati diffusi dai dimostranti, le distruzioni di oltre 4500 villaggi e la deportazione di quasi 5 milioni di profughi interni negli ultimi 25 anni, in Turchia. Ma anche in Europa, la comunità curda lamenta tentativi di persecuzione e repressione delle proprie attività culturali, come, ad esempio, l’azione di polizia promossa a Bruxelles contro esponenti curdi alla ricerca di legami colterrorismo. Anche in Italia ci sono stati degli arresti, lo scorso 26 febbraio, proprio nel nordest, nei confronti di cittadini curdi in occasione di un’operazione antiterrorismoper smantellare una rete di reclutamento del PKK, il partito comunista dei lavoratori curdi il cui massimo esponente, Abdullah Ocalan ebbe dei trascorsi anche in Italia e ora è recluso nelle carceri turche. Il suo volto campeggia su uno striscione sostenuto dai manifestanti.
Su questo punto i dimostranti vogliono precisare che, anche in questo caso, non sono state ritrovate armi da fuoco e il cosiddetto “indottrinamento” citato dagli inquirenti non sarebbe altro che presa di coscienza, soprattutto da parte di giovani e donne, delle condizioni di sfruttamento che subisce il popolo curdo in Turchia. La Voce d'Italia ha intervistato Robi, da 10 anni rifugiato politico in Italia, esponente della comunità curda di Venezia che conta circa 300 membri.
Robi, per quale motivo siete in piazza oggi?
“Siamo in piazza oggi contro gli arresti effettuati in Italia lo scorso 26 febbraio (uno di essi è ancora in stato di fermo, ndr) e a Bruxelles l’altroieri dove sono state fermate più di 20 persone tra cui politici, membri del KNK (Congresso Nazionale Curdo, ndr) e giornalisti curdi. In particolar modo lamentiamo la chiusura di RojTV, l’unica emittente satellitare curda della diaspora a cui si collegano milioni di curdi del mondo per avere notizie della nostra terra. L’hanno fatto solo per motivi economici".
Quanti sono i kurdi della diaspora?
“Sono circa un milione, qualche migliaio in Italia ma in totale i curdi sono circa 40 milioni. Molti sono fuggiti per via delle guerra e della persecuzione e quelli che vivono in Italia hanno sempre lavorato onestamente e rispettato le leggi. Anch’io, è solo nell’ultimo anno che non sto lavorando per via della crisi economica”.
Ci sono state della accuse di terrorismo…
“Non comprendiamo il senso di questi arresti, non abbiamo mai fatto del male a nessuno, il nostro popolo non è un popolo di terroristi. E' stata la Turchia, per intereressi economici, a criminalizzarci anche nei confronti dell’Europa, ma ricordo che anche la Corte di Giustizia Europea nel 2008 ha tolto il PKK dalle organizzazioni terroristiche internazionali”.
Come vedi il futuro del vostro popolo? Vedi qualche segnale di ottimismo?
“Non sono molto ottimista, dopo i recenti arresti dei sindaci eletti nei nostri villaggi e nonostante il PKK abbia da tempo proclamato il cessate il fuoco, la Turchia non è disposta a trattare la pace”.
Riccardo Musacco la voce 9 marzo 2010
9/3/2010