mercoledì 17 luglio 2013

Giornalista curda condannata ad un anno di carcere per aver rivelato il nome del poliziotto che torturò un quattordicenne kurdo nel 2008


Dal 2008, Hamdiye Çiftçi, giornalista curda, sta pagando duramente il diritto alla libertà di stampa, per aver ripreso, diffuso e denunciato sui media nazionali ed internazionali le violenze della polizia contro il quattordicenne Cüneyt Ertuş. Dopo essere stata detenuta per due anni nell’ambito delle operazione KCK, Çiftçi è stata condannata ad un altro anno di carcere, con l'accusa di aver rivelato il nome dell’agente di polizia che spezzò il braccio del bambino ma mai condannato per tale atto. Nel 2008, durante le celebrazioni del Newroz nella provincia curda di Colemêrg (Hakkari) Cüneyt Ertuş un ragazzo kurdo di 14 anni fu sottoposto ad una brutale violenza da parte della polizia. La giornalista kurda, Hamdiye Çiftçi riprese le cruenti immagini. Successivamente le riprese furono usate come prova contro di lei quando fu arrestata, nell'ambito del caso KCK e detenuta per 2 anni. E’ di oggi la notizia che per Çiftçi è stato richiesto un ulteriore anno di carcere con l’accusa di “aver rivelato il nome dei funzionari statali, coinvolti nella guerra contro il terrorismo." Il processo è stato rinviato al 16 luglio. Durmuş Yiğit, procuratore della provincia curda di Van, nel suo atto di accusa contro Hamdiye Çiftçi dichiara che "è un membro di un'organizzazione terrorista."

Il procuratore sostiene che Çiftçi è una “operatrice dell’Agenzia DIHA (Dicle News Agency) diretta dal PKK " e pertanto da condannare. Nel contempo ha considerato la violenza della polizia contro Cüneyt Ertuş " priva di fondamento ", nonostante le immagini riprese e diffuse sui media nazionali e internazionali per giorni dopo l’accaduto. Il filmato delle torture, trovato in casa della giornalista Çiftçi durante la perquisizione della polizia è stato descritto come "un elemento di reato". Nella sua requisitoria, il procuratore ha redarguito la giornalista Çiftçi di “aver dato le riprese video ai media". Çiftçi, arrestata nel 2012 nell'ambito delle operazioni KCK, fu incarcerata a Bitlis, nel carcere di tipo E, per circa 2 anni e rilasciata nel mese di aprile dello scorso anno in seguito alla decisione della terza alta corte penale di Van. La diffusione delle immagini sui media non piacque alle autorità turche. Il pubblico ministero di Van presentò una denuncia contro Çiftçi perché "svelò l'identità dei funzionari dello Stato che partecipano alla guerra contro il terrorismo." Nella requisitoria, il pubblico ministero Mehmet Ali Canavcı puntualizza che la giornalista Çiftçi fece propaganda della "organizzazione terroristica" con la pubblicazione di notizie fabbricate dai media nazionali. Inoltre, l'accusa sostiene che secondo quattro referti medici il braccio di Cüneyt non fu spezzato. Il video invece mostra chiaramente poliziotti in borghese che spezzano il braccio di Cuneyt Ertus “mentre era sotto il loro controllo, senza alcuna resistenza del ragazzo all’atto dell’arresto”. "Questa condanna non è stato data a me ma alla libertà di stampa e di espressione", ha dichiarato la giornalista Hamdiye Çiftçi. Ad oggi ventidue sono i giornalisti kurdi incarcerati nell’ operazione contro il KCK.

Cosa è successo nel 2008? Nel 2008, durante le celebrazioni del Newroz a Colemêrg, al quattordicenne Cüneyt Ertuş fu rotto il braccio destro da agenti di polizia. Ertuş dichiarò di essere stato anche picchiato e torturato dopo essere stato arrestato. L’ avvocato Fahri Timur documentò la tortura con referti medici e presentò una denuncia penale contro gli agenti di polizia. Amnesty International inoltre condannò la violenza della polizia e chiese l’apertura di un’inchiesta per conoscere le motivazioni che portarono all’arresto del ragazzo. L’indagine sugli ufficiali decadde con la motivazione a non procedere perché il caso non sussite. Quindi, secondo il sistema giudiziario turco spezzare il braccio di un bambino non costituisce un reato mentre è reato documentare e pubblicare immagini per denunciare torture su minori.