lunedì 26 ottobre 2009

Il difficile iter di un cammino di pace: i Gruppi di Pace kurdi dal 19 al 25 ottobre

Aldo Canstrari - Istanbul, 26 ottobre 2009
Scopo di questo testo e’ di tentare un’analisi piu’ approfondita degli eventi dell’arrivo in Turchia dei due Gruppi di Pace, narrati nei testi precedenti, aggiornati sino al 22 ottobre, e, al tempo stesso, informare di quanto accaduto successivamente, nei giorni dal 23 al 25 ottobre.
La cronologia degli eventi e’: 17/10 : divulgazione del previsto arrivo dei due Gruppi di Pace dall’Irak, previsto per il 19 ottobre.
19/10: partenza dei Gruppi, loro arrivo alla frontiera (Habur, presso Silopi), loro trattenimento per controlli sanitari e di identificazione. Contemporanei messaggi positivi del governo (AKP).
20 e 21/10: dopo il ritardo di un giorno, dovuto a questioni giuridiche (imputazione a 5 membri di appartenenza al PKK) poi superate, i Gruppi attraversano citta’ kurde che li attendono in festa e giungono a Diyarbakir che li accoglie trionfalmente. L’atteggiamento delle forze di governo continua ad essere favorevole.
22/10: i Kurdi fissano per il 28/10 (vigilia della Festa della Repubblica) l’arrivo del 3° gruppo dall’Europa a Istanbul, cui avrebbe fatto seguito la partenza dei tre gruppi per Ankara.
23/10: marcia indietro delle forze di governo, che criticano quella che secondo loro sarebbe la strumentalizzazione politica del DTP dell’arrivo dei Gruppi di Pace, e rinviano sine die l’arrivo del 3° gruppo dall’Europa a Istanbul.

Un primo aspetto da mettere maggiormente in luce e’ il contesto giuridico dell’arrivo dei Gruppi di Pace, che e’ stato oggetto della crisi scoppiata e poi felicemente superata il 20 ottobre, e che sara’ probabilmente oggetto di importanti proposte di cambiamenti giuridico-politici nelle istituzioni della Turchia.
Come noto, uno dei due Gruppi, di 8 persone, proviene dal monte Kandil, sede guerriglieri del PKK. Al loro arrivo alla frontiera, su 5 di loro si e’ abbattuto l’articolo 221 (“Pentimento attivo”) del Codice penale turco.

Ecco cosa dice l’art. 221:

« Pentimento attivo:
1) Fondatori o dirigenti che dissolvano l’organizzazione o la facciano dissolvere attraverso le informazioni che essi procurano prima dell’inizio delle indagini sul reato di fondazione di una organizzazione criminale o prima di aver commesso qualsiasi reato, essi non riceveranno alcuna condanna.
2) Se un membro di questa organizzazione criminale proclama alle autorita’ statali competenti che egli ha volontariamente abbandonato l’organizzazione prima di aver commesso alcun reato o partecipato ad alcun reato nel contesto delle attivita’ dell’organizzazione, egli non ricevera’ alcuna condanna.
3) Se un membro dell’organizzazione, catturato prima di aver partecipato ad alcun reato, mostrando pentimento procura informazioni utili a provocare la dissoluzione dell’organizzazione, o aiuta le autorita’ a catturare altri membri, egli non ricevera’ alcuna condanna.
4) Nel caso che una persona che ha fondato un’organizzazione criminale si arrenda volontariamente e procuri informazioni concernenti i reati commessi dall’organizzazione, nonche’ concernenti la sua struttura, egli non riceveranno alcuna condanna in connessione al fatto di aver fondato, gestito o preso parte ad una organizzazione criminale. Comunque, se questa persona procura le informazioni dopo essere stato catturato, la condanna che ricevera’ sara’ ridotta tra un terzo e tre quarti.
5) Coloro che hanno beneficiato del programma di pentimento attivo sono messi in periodo di prova di precauzione per la durata di un anno. Questo periodo di prova di precauzione puo’ essere esteso fino a tre anni ».

Ovviamente, in base a tale articolo, l’unica via legale per evitare l’incarcerazione sarebbe stata una dichiarazione di pentimento. In effetti, gia’ i primi due Gruppi di Pace, quelli del settembre ed ottobre 1999, erano incappati in tale ostacolo, e il loro rifiuto fermo di qualsiasi “pentimento”, a cui si era sommata la dura intransigenza turca, li aveva condotti in carcere.

Dunque l’ostacolo, anche questa volta, era ampiamente previsto: prima dell’arrivo, sia il DTP (Ahmet Türk) che Yüksel Genç, componente del 1° Gruppo del 09/1999, avevano preammonito: “Non come nel 1999! Questa volta non devono finire in carcere!” E Seydi Fýrat, componente del 2° Gruppo del 10/1999, recatosi il 18 ottobre 2009 a Maxmur (la vigilia della partenza) aveva detto: “... ma a noi era stata messa di fronte la legge del ‘Pentimento attivo’ presente nel Codice Penale Turco. Noi non avevamo acconsentito. E a causa di cio’ ci era toccato restare in prigione 5 anni e mezzo”.

E, in particolare, l’avvocato Muharrem Erbey, presidente a Diyarbakir dell’IHD (associazione turca per i diritti umani) aveva dichiarato il 19 ottobre al giornale Today's Zaman: “Coloro che vengono da Maxmur devono essere rilasciati immediatamente dopo il controllo di identita’. Ma quelli che vengono dal PKK non devono essere obbligati ad affermare di essere pentiti; e’ importante aiutarli a conservare la propria dignita’. Un simile approccio preparera’ il terreno a politiche libere dall’ipoteca armata”.

La questione si poneva, in realta’, in un contesto politico-giuridico in movimento, perche’ l’articolo 221 era gia’ stato, in passato, sottoposto a forti critiche, in quanto considerato da molti troppo restrittivo e duro, tale cioe’ da scoraggiare, anziche’ invogliare, l’abbandono della guerriglia.

Tuttavia la sera del 19 ottobre, dopo i controlli sia sanitari che diidentita’, era scattato l’art. 221: il co-presidente del DTP Ahmet Türk, a Silopi, aveva ricevuto una telefonata del Ministro degli Interni Atalay: o superano il 221 (si pentono) o finiscono in carcere: la legge non consente alternative. Era cominciata una notte insonne per Ahmet Türk: circondato da avvocati e giuristi ed intento in continui dialoghi telefonici, doveva trovare il bandolo della matassa. C’e’ riuscito il mattino successivo, il 20 ottobre: la brillante formula e’ stata: “La valutazione del caso sara’ oggetto del tribunale competente. Per ora, siccome essi hanno un recapito sicuro e non vi e’ fondato rischio di una loro fuga, possono essere rilasciati in liberta’ ”. La formula trovata da Ahmet Türk e’ stata subito ascoltata per telefono, accettata nonche’ messa in pratica dal Ministro degli Interni Beþir Atalay, e, sulla base delle disposizioni impartite dal Sottosegretario agli Interni Osman Güneþ, alla sera del 20 ottobre i Gruppi di Pace sono partiti da Silopi, affollata di decine di migliaia di kurdi, per raggiungere Cizre e Nusaybin, ove anche li attendevano kurdi festanti. Immediatamente dopo (21 X) il Ministro degli Interni Atalay ha dichiarato che l’articolo 221 doveva essere sottoposto a revisione.

A fronte di questi sviluppi positivi, che hanno sbloccato la situazione, e consentito la saldatura tra i Gruppi di Pace e l’insieme della popolazione kurda e delle sue associazioni e formazioni politiche, si e’ pero’ andato alimentando un clima polemico che e’ poi sfociato nell’inversione di tendenza, da parte del partito di governo AKP, il 23 ottobre. Le polemiche erano iniziate sin dal principio. Da un lato, certamente, le affermazioni sia del Primo ministro Erdogan che del Presidente Gül erano state decisamente favorevoli: “Bene, buono”, si apre un processo di pace, che altri scendano dalle montagne, che possano ricongiungersi ai loro cari ed ai loro paesi, eccetera.
Tuttavia sin dal 20 ottobre, cioe’ l’indomani dell’arrivo, Erdoðan aveva criticato l’accoglienza offerta, usando per la prima volta l’epiteto di “show”, che era poi rimbalzato in una ridda di polemiche. Le critiche di Erdoðan si erano ripetute ed acutizzate nei giorni successivi, associate all’accusa di strumentalizzazione politica rivolta al partito kurdo presente in parlamento, il DTP. A questa duplice accusa avevano ampiamente replicato sia il DTP (specie Ahmet Türk) che molti esponenti kurdi (anche i membri dei Gruppi di Pace del 1999), rilevando come l’accoglienza entusiastica del popolo kurdo esprimeva da un lato il carico di sofferenze e tensioni accumulate da chi per decenni aveva vissuto sulla propria pelle le conseguenze del conflitto, e dall’altro la la speranza di un futuro di pace e la volonta’ di contribuirvi attivamente; nella stessa direzione andava l’impegno del DTP a contribuire ad uno sbocco politico della fase apertasi. “Cio’ che sta avanzando e’ la pace, non ci sono vincitori ne’ vinti, tutti possono dire: la liberta’ dei kurdi e’ anche la mia liberta’ ”, aveva affermato Ahmet Türk.

Ma poi lo stesso Presidente della Repubblica Gül aveva dichiarato inaccettabili le esaltazioni del PKK effettuate durante le manifestazioni, mentre si rinvigorivano gli attacchi delle forze piu’ retrive (MHP, CHP etc.), ed iniziavano alcune reazioni da parte delle componenti nazionaliste della societa’ turca, come gli attacchi ai kurdi del 22 ottobre a Mersin da parte del MHP che hanno tentato un linciaggio, ed all’Universita’ di Sakarya da parte di anonimi fascisti; poi a Edirne un analogo tentativo di linciaggio, fino ad arrivare all’episodio del 24 X di Elazið, in cui dei nazionalisti hanno attaccato il DTP che stava facendo una manifestazione.

Il 21 e 22 ottobre Erdoðan aveva polemizzato contro l’atteggiamento “provocatorio” e “smodato” del DTP, ed aveva rivendicato la paternita’ statale (e non di un partito o di un gruppo) del processo in atto. La polemica sugli “show” si e’ acutizzata con le dichiarazioni di Erdoðan del 23 ottobre: sarebbe stata colpa del DTP, secondo il Primo Ministro, avere guastato l’iniziativa di pace kurda. E, per finire, le dichiarazioni di Erdoðan del 24 e 25 ottobre: a causa delle tensioni provocate dagli avvenimenti succeduti all’arrivo dei Gruppi di Pace, e’ necessario rinviare l’arrivo del terzo gruppo (anche perche’ la data prevista, il 28 X, vigilia della Festa della Repubblica, avrebbe potuto ndare luogo a provocazioni ed incidenti da parte di correnti nazionaliste, irritate da tale coincidenza).

Sia il DTP che il portavoce del gruppo europeo del PKK hanno preso atto con amarezza (la stampa turca dice anche con ‘shock’) della decisione di rinvio; tra breve sono attese dichiarazioni ufficiali del DTP.

Aldo Canestrari