mercoledì 12 maggio 2010

Iran: impiccati quattro insegnanti kurdi


Kurdish Info 09.05.2010- Il regime iraniano ha comunicato l’uccisione di quattro prigionieri politici membri del PJAK (Partito della vita libera del Kurdistan) nel carcere di Teheran. i prigionieri kurdi erano gli insegnanti  Ferzad Kemanger, Eli Heyderiyan, Ferhad Wekili ed una rappresentante del gruppo femminile, Şirin Elem Hulu.
Ferzad Kemanger aveva scritto una lettera al Ministro dell’Informazione Iraniana, Kolaam-Hoseyn Ezhei, nella quale manifestava la sua volontà di donare i suoi organi: “Vorrei che il mio cuore continuasse a battere nel petto di un bambino che è più ribelle di me”
Pubblichiamo il testo di alcune lettere di Farzad:

“Siate forti compagni!”
Una volta c’era un pesce che depose oltre 10.000 uova. Sopravvisse solo un piccolo pesciolino nero. Viveva in un ruscello con sua madre.
Un giorno il piccolo pesce disse alla madre: “Voglio andare via da qui”. La madre gli chiese: “Dove vuoi andare?” e il pesciolino rispose: “Voglio andare dove finisce il ruscello”.
(NdT: Il piccolo pesce nero è una novella per bambini. La storia fu scritta nel 1967 dall’insegnante dissidente Samad Behrangi. Il libro fu bandito sotto il regime degli Shah. Narra le storie e le avventure di un pesciolino che stravolgendo le regole della sua comunità inizia da solo un lungo viaggio verso il mare. Nel lungo viaggio il pesciolino affronterà e sconfiggerà molti nemici. La novella è considerata un classico della Resistenza iraniana)

Saluti ai compagni di cella. Salve compagni di dolore!
Ti conosco bene: sei un insegnante, vicino alle stelle di Kharavan, compagno di coloro che sono stati accusati e contro i quali, come prove, sono stati presentati i loro saggi. L’insegnante di studenti il cui unico crimine era il pensiero umanista. Ti conosco bene, sei collega di Samad e Ali Khan. Anche tu ti ricordi di me?
(NdT: Kharaman è il cimitero a Teheran est dove molti dissidenti politici sono stati condannati a morte negli anni ’80 e sepolti in celle comuni.)

Sono io. Incarcerato nella prigione di Evin.
Sono io, quello studente tranquillo che siede dietro le panche rotte della scuola e immagina di vedere il mare da un remoto villaggio del Kurdistan. Sono io, quello a cui piace raccontare ai suoi studenti la storia di Samad, nel cuore dei Monti Shahoo.
Sono io che amo immaginare di essere il piccolo pesce nero.
Sono io, il vostro compagno sulla via del martirio.
Adesso le vallate e i monti sono dietro di lui e il fiume scorre in pianura. Da destra e da sinistra si sono uniti al ruscello altri affluenti ed ora è diventato un fiume grande. Il piccolo pesce si diverte in così tanta acqua come non aveva mai vista in vita sua. Vuole arrivare alla fine del fiume e riuscì a nuotare quanto voleva senza mai avere incidenti. Improvvisamente finì in mezzo ad un largo gruppo di pesci. Ce n’erano 10.000 ed uno di loro gli disse: “Benvenuto al mare compagno!”

Miei cari colleghi imprigionati! È possibile sedere dietro lo stesso banco con Samad, guardare negli occhi i bimbi di questo paese e rimanere in silenzio?

È possibile essere un insegnante e non mostrare ai nostri piccoli pesciolini la via verso il mare? Che differenza fa se essi vengono da Aras (un fiume nell’Iran nord occidentale), Karoon (un fiume nell’Iran sudoccidentale, Khuzestan), Sirvan (un fiume in Kurdistan) o Sarbaz Rood (un fiume nella regione di Sistan e Baluchestan)? Che differenza c’è quando il mare è il destino comune. Essere uniti come una cosa sola. Il sole è la nostra guida.
È possibile portare la grande responsabilità di essere un insegnante, diffondere i semi della conoscenza e ancora rimanere in silenzio?
È possibile vedere i grumi nelle gole dei miei studenti, i loro volti scavati e sofferenti e rimanere tranquilli?

È possibile essere in un periodo nel quale non esiste giustizia ed evitare di insegnare ai miei studenti la lettera S per speranza e la E per eguaglianza anche se questi insegnamenti ti porteranno alla morte nel carcere di Evin.

Non posso immaginare di essere un insegnante nella terra di Samad, Khan Ali ed Ezzati senza unirmi all’eternità di Aras*. Non posso immaginare di sperimentare il dolore e la miseria delle persone della nostra terra senza gettare il cuore nel ruscello e nel mare, a ruggire ed inondare.
(NdT: Aras è un fiume nell’Iran nordoccidentale al confine con l’Azebaijian. Samad affogò nel fiume nel 1968. Le circostanze della morte sono incerte e c’è il sospetto che dietro ci fosse la mano dello Shah).

Io so che un giorno, questo percorso irregolare ed accidentale sarà pavimentato e che le sofferenze che avete vissuto saranno un merito, un punto d’onore così che tutti sapranno cosa vuol dire essere un insegnante, anche se il suo percorso è bloccato dal processo di selezione, dalla prigione o dalle esecuzioni capitali. È il piccolo pesce nero e non l’airone che dà onore all’insegnante.

(NdT: Il processo di selezione o Gozinesh è un processo di valutazione degli insegnanti in base alla loro concezione ideologica, politica e religiosa)

Il Piccolo pesce nero lentamente iniziò a nuotare nel mare e pensò: Non sarà duro incontrare la morte per me, né sono pentito di ciò che ho fatto. Improvvisamente piombò su di lui il grande airone che lo prese coi suoi artigli e lo portò via.

La Nonna pesce completò la storia e disse ai suoi 12.000 figli e nipoti che era tempo di andare a dormire. 11999 piccoli pesciolini le augurarono buona notte ed andarono a dormire. Anche la nonna andò a dormire. Un piccolo pesciolino rosso non riuscì a dormire, era assorto nei suoi pensieri.

Un insegnante sulla via della morte, carcere di Evin
Farzad Kamangar

Aprile 2010

Farzad Kamangar nacque nel 1975. ha insegnato per 12 anni a Kamiaran, un villaggio enl Kurdistan orientale (Iran nord occidentale). Era sposato ed avevo dei figli. Apparteneva alla Unione degli insegnanti del Kurdistan e ad altre associazioni. Scriveva per la rivista Royan, la rivista del Dipartimento per l’educazione di Kamiyaran e per il giornale della locale associazione per i diritti umani.

Venne arrestato il 19 Agosto del 2006 dai servizi segreti di Sine. Per quattro mesi dopo l’arresto la famiglia non ha avuto più sue notizie e le autorità addirittura negarono di avere delle responsabilità nella sua scomparsa.
Farzad venne trasferito nel IX Braccio del Carcere di Evin a Teheran, un centro di detenzione clandestino dei Servizi di sicurezza iraniani (VEVAK).
In una lettera che riuscì a far uscire segretamente dalla prigione ha raccontato di come è stato messo in isolamento e torturato e picchiato già nel primo interrogatorio perché era un attivista politico. 
Narra di come è stato costretto a stare in piedi su una sedia per 24 ore senza cibo, né acqua e senza la possibilità di andare al bagno e dell’imprigionamento in una piccola cella senza areazione.
Non gli venne consentito di entrare in contatto col suo avvocato e la sua famiglia. Subì anche delle pressioni psicologiche, ad esempio attraverso minacce fatte ai suoi familiari. Tentò anche di suicidarsi gettandosi dalle scale per non permettere di essere torturato davanti alla sua famiglia. Il suo stato di salute era in condizioni così gravi da costringerne il ricovero nell’ospedale del carcere.
L’avvocato ha affermato di essere rimasto sconvolto dalla vista di Farzad nel corso del loro primo incontro: le mani erano ustionate dall’acqua bollente, soffriva inoltre di infezione del rene e aveva del sangue nelle urine.

Tra il 2006 ed il 2007 fu trasferito varie volte a Kermanshah o Sine per essere interrogato e torturato. A Kermanshah la cella, nella quale fu detenuto per 2 mesi (Febbraio, Marzo 2007) misurava 1m X 1m X 0,6m. subì anche abusi sessuali a Evin, una pratica comune per distruggere la psicologia dei prigionieri.

Sua madre e i suoi fratelli hanno potuto incontrarlo solo 7 mesi dopo il suo arresto. Nel corso dell’incontro gli agenti iraniani rimasero nella cella con loro per impedire che parlassero in kurdo. In quel momento Farzad ancora non conosceva le accuse contro di lui.

Farzad prese parti a molti scioperi della fame con altri prigionieri per protestare contro le condizioni di detenzione. Negli ultimi mesi, prima della rivolta dei prigionieri era stato trasferito nel carcere di Gohardacht. Dopo un raid delle forze di sicurezza fu messo in isolamento con Farhad Vakili e Ali Heydaran.