giovedì 8 luglio 2010

"Proteggerci come nazione e costruire la nostra vita libera"

“Stiamo ancora in una posizione pienamente difensiva e non abbiamo esercitato tutto il nostro potere. Siamo in una posizione di allerta ora. Se lo Stato turco proverà ad invadere la Zona di Difesa Media o qualsiasi altra parte del Kurdistan allora romperemo gli indugi e la situazione sarà del tutto differente”: queste le prime dichiarazioni di Murat Karayilan, il capo del Consiglio esecutivo della Confederazione democratica del Kurdistan (KCK).

Karayilan ha poi continuato: “Continueremo a resistere, non importa se dovremmo farlo per un altro secolo. Non possiamo accettare questo disonore. Non possiamo accettare le politiche assimilazionistiche contro il popolo kurdo. Non riusciranno mai a farci diventare turchi”.

Dal 1 giugno 2010 la questione kurda è entrata in una nuova fase: questo è quello che ha dichiarato il KCK in un comunicato stampa recente. A seguito di quella dichiarazione sono aumentati gli scontri nel Kurdistan del nord e si sono diffusi anche alla zona Mediterranea, al Mar Nero e alla regione di Marmara. Le forze armate turche hanno lanciato diversi attacchi contro la Zona di Difesa Media ed è aumentato il numero degli scontri e quello delle vittime.

Questi sviluppi hanno portato la questione kurda in cima all’agenda politica regionale. Mentre alcuni continuano ad affermare la necessità di affrontare il problema esclusivamente dal punto di vista militare, altri tendono a rilevare la necessità di affrontarlo in tutti i suoi aspetti. Adesso ascoltiamo la posizione del KCK dalle parole del suo Presidente Karayilan: “

“Come considerate gli sviluppi successivi al 1 giugno? Quali sono le caratteristiche di questa nuova fase?

“La nostra Leadership ed il nostro movimento, per 18 anni, hanno impegnato tutte le energie per raggiungere una soluzione democratica della questione kurda. Solo ultimamente abbiamo dichiarato un periodo di ‘non scontro’ il 13 aprile 2009 che si è concluso soltanto il 1 giugno 2010. quello che notiamo è che né l’Akp, né il governo turco hanno intenzione di fare la pace col popolo kurdo. Insistono nelle loro politiche di assimilazione  e pretendono la resa incondizionata del nostro popolo”.

“Il signor Ocalan ha dichiarato che non potrà essere parte della soluzione se ci saranno negoziati. Quale è il ruolo del Leader Ocalan per il vostro movimento?  Cosa pensate della discussione su questo tema?”

“Il ruolo del nostro Leader è chiaro non solo per noi ma per tutto il popolo kurdo. Come abbiamo detto un numero infinito di volte: lui è il leader di un popolo, è il leader del popolo kurdo. Il suo ruolo per noi è decisivo. Ha detto che la terza fase si è esaurita e che si ritirerà dal processo come interlocutore se avranno avvio i negoziati. Lo ha fatto come risposta alle politiche di negazione e distruzione dell’Akp e dello Stato turco. Noi siamo un movimento. Abbiamo un consiglio esecutivo, un corpo dirigente, una amministrazione. Da oltre 7 mesi stiamo discutendo su come sviluppare la nostra soluzione. In conseguenza di ciò abbiamo deciso di aprire una nuova fase. È stato necessario per noi. Se lo Stato non vuole cercare una soluzione negoziando con te allora devi cercartela da solo con le tue dinamiche. Questo è quello che stiamo facendo ora. Lo Stato non vuole risolvere la questione kurda ma distruggere il popolo kurdo. Questo è un pericolo per il nostro popolo. L’Akp ha rifiutato ogni proposta ragionevole. Non vogliono fare la pace con noi, vogliono semplicemente annientarci. Proteggere la nostra esistenza come nazione e creare la nsotra vita libera: questo è il nome che abbiamo dato a questa fase. Siamo pronti ad accogliere le iniziative pacifiche dello Stato, in caso contrario agiremo secondo le nostre dinamiche”.

“Alcune Ong e voci nella Confindustria premono per la fine del conflitto e la fine delle operazioni militari. Che ne pensate? Possibile un cessate il fuoco in questa fase? Se sì da cosa dipende?”

“Prima di tutto devo affermare che l’appello delle Ong di Diyarbakir, che ci chiedono di dichiarare il cessate il fuoco e chiedono allo Stato di fermare le operazioni militari, è stato strumentalizzato dai media turchi. Rispettiamo gli appelli di tutte le organizzazioni della società civile. Non basta fare appelli però, ci vuole uno sforzo superiore. Il quadro proposta dalle Ong è accettabile, se lo Stato vi aderisse potremmo aprire un negoziato. Da un lato il Primo ministro fa appello alla Nato e attende gli Usa. Nonostante tutta la tensione con Israele continua a mandare delegazioni in Israele per perfezionare l’acquisto degli Herons (aerei spia). Lo stesso con Siria ed Iran. Per distruggerci stanno organizzando una serie interminabile di riunioni ed incontri. Dall’altra parte ci chiedono di dichiarare un cessate il fuoco unilaterale. Non ha senso. Non è accettabile. Abbiamo le capacità di resistere allo Stato turco, di stare sulle nostre gambe. Tutti devono essere consapevoli di questo.

Siamo ancora in una posizione pienamente difensiva e non abbiamo sviluppato ancora tutte le nostra capacità militari. Pensiamo che sia ancora possibile vivere coi turchi e stiamo lottando per farlo. Se lo Stato turco proverà ad invadere la Zona di Difesa Media o qualsiasi altra parte del Kurdistan allora romperemo gli indugi e la situazione sarà del tutto differente. Stiamo mettendo in pratica una strategia difensiva ben pianificata ed organizzata. Abbiamo acquisito una grande esperienza in questi anni di lotta nelle montagne. Ci stiamo limitando. Non si pensi che siamo al massimo delle nostre possibilità. Ma se insistono in una azione di negazione e di distruzione allora il popolo kurdo avrà il diritto di utilizzare altre opzioni. Possiamo resistere. I politici già erano sicuri di averci annientato nel 1999. Allora, a seguito dell’indicazione del nostro leader, ritirammo le nostro forze dalla Turchia. Fu una dimostrazione di buona fede. Che lo Stato turco non pensi si essere stato lui l’artefice di quella decisione” 

BAKI GÜL -ANF / KANDIL